Femminicidi
Così, sfogliando quotidiani di varie tendenze e cliccando sul web, ho potuto trovare considerazioni diverse sull’argomento dalle quali ricavare idee più o meno condivisibili.
Dall’appello del Comitato promotore nazionale Senonoraquando ricavo quanto segue:
“Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà”.
Condivido in pieno queste affermazioni, ma colgo una stupefacente notizia su Twitter , nel sito dei cattolici ultraconservatori Pontifex dove un corsivista riporta il contenuto di un volantino esposto da don Piero Corsi, parroco di S.Terenzo a Lerici, nella bacheca della sua chiesa.
Ne estraggo alcune frasi che mi sembrano più significative:
“Femminicidio: le donne facciano autocritica, quante volte provocano ?” più oltre: “Le donne cadono nell’arroganza e si sentono indipendenti” e ancora: “Donne e ragazze in abiti succinti provocano gli istinti, facciano un sano esame di coscienza: forse ce lo siamo andate a cercare”.
Evidente l’atteggiamento sessuofobico e misogino di certi cattolici preconciliari, ma c’è di peggio. Sullo stesso sito leggo con raccapriccio l’appassionata difesa dell’operato di don Corsi, esposta da Bruno Volpe con considerazioni del tipo:
“Sul trito tema del femminicidio (un’assurda leggenda nera messa in giro da femministe senza scrupoli) il parroco si chiede ….<è colpa della donna che provoca con abiti succinti>”, più oltre: “Sulla spinta di correnti di pensiero degenerate e moderniste, si presume che la donna possa fare quello che le viene nella testa, abbia piena licenza di scatenare i suoi istinti spesso sregolati, sempre più spesso a danno di mariti e figli” e ancora: “Ci sono donne che dall’alto di una cattedra o di uno scranno di Magistrato si sentono onnipotenti.” e conclude: “Elogiamo il coraggio di questo parroco che forse avrà rogne con la gerarchia catto comunista”.
Il livello di tale perorazione potrebbe indurre chi legge ad un caritatevole “ lasciamo perdere!...” ma purtroppo sappiamo bene che certe anacronistiche e assai poco evangeliche espressioni possono trovare apprezzamento negli strati meno evoluti del pensiero comune. A questo punto cerco conforto in altri tipi di osservazioni come ad esempio la reazione di Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente dell’associazione Telefono Rosa, che a proposito del volantino di don Corsi, afferma:
“In Italia che è il Paese con il maggior numero di femminicidi d’Europa e ha un altissimo numero di violenze consumate all’interno delle mura domestiche, un episodio come questo non è più tollerabile”. E definisce il messaggio: “una vera e propria istigazione a un comportamento violento nei confronti delle donne, così si offre un’inaudita motivazione ad atti criminali contro di esse”.
Confortata da questa civile reazione, mi chiedo perché continui a sussistere un modo di pensare così arretrato da parte di cattolici “ultraconservatori” è vero, ma pur sempre cristiani; qual è il loro rapporto con quel Gesù che incontriamo nelle immortali pagine dei Vangeli?
Si rendono conto dell’abissale distanza che li separa da Lui? Voglio citare a questo proposito un lungo articolo molto illuminante che ho potuto leggere on line su Il Dialogo, periodico di cultura, politica, dialogo interreligioso di Monteforte Irpino:
Daniela Zini, autrice del pezzo intitolato "Gesù e le donne", afferma all’inizio: “ Il mondo greco-romano ha influenzato con la sua cultura il cristianesimo” Come esempio riporta alcune frasi di grandi storici, poeti e filosofi greci e romani fortemente negative sulle donne: “La donna è il peggiore dei mali”(Euripide); “ Non è il caso di preferire una donna o l’altra. Valgono tutte zero” (Plauto). “ La donna è cosa mobile per natura” (Virgilio). Di seguito vengono riportate le parole di un fariseo convertito, Paolo di Tarso (S.Paolo):” Non permetto ad alcuna donna di insegnare o di avere autorità sugli uomini. Ella deve stare in silenzio.”
Daniela Zini, autrice del pezzo intitolato "Gesù e le donne", afferma all’inizio: “ Il mondo greco-romano ha influenzato con la sua cultura il cristianesimo” Come esempio riporta alcune frasi di grandi storici, poeti e filosofi greci e romani fortemente negative sulle donne: “La donna è il peggiore dei mali”(Euripide); “ Non è il caso di preferire una donna o l’altra. Valgono tutte zero” (Plauto). “ La donna è cosa mobile per natura” (Virgilio). Di seguito vengono riportate le parole di un fariseo convertito, Paolo di Tarso (S.Paolo):” Non permetto ad alcuna donna di insegnare o di avere autorità sugli uomini. Ella deve stare in silenzio.”
Daniela Zini si chiede poi : “Cosa induce Paolo ad escludere la donna da funzioni che fino allora esercitava ? Qualche anno prima lo stesso Paolo aveva avuto al suo seguito Evodia e Priscilla, impegnate attivamente, nella predicazione del Vangelo e, in alcune delle sue lettere, aveva avuto parole di elogio per lo zelo attivo di alcune diaconesse ! La presa di posizione di Paolo contro le donne condizionerà la teologia cristiana determinando, con l’esclusione delle donne dal sacerdozio, anche vere e proprie prese di posizioni misogine. San Tommaso d’Aquino, sulla scia di Aristotele, considera la donna un uomo mancato”.
A questo punto la domanda che viene alla mente è questa: tutte queste affermazioni, rispecchiano il pensiero di Gesù sulla donna? Per dare una risposta a un tale quesito, la Zini descrive gli aspetti più rilevanti della vita sociale delle donne ebree contemporanee del Nazareno: “ Minorenni a vita: molti doveri, nessun diritto. Bambine, erano sottomesse all’autorità del padre e dei fratelli; spose, a quella del marito e dei cognati. Erano una proprietà dell’uomo: aveva comandato Mosè. Le donne erano un bene produttivo, perché davano al marito e alla società, dei figli. Se la donna risultava sterile, poteva essere ripudiata. …La testimonianza della donna non aveva valore davanti ai giudici;…nessun estraneo poteva rivolgerle la parola per via; doveva essere fedele allo sposo pena la lapidazione, ma non si richiedeva la stessa fedeltà all’uomo;…la donna doveva preparare il pane, tessere, filare, andare ad attingere acqua alla fontana, spesso lontana anche chilometri, allattare i bambini…ma lavorare anche nei campi”.
Introduzione di Alessandra Rossi