Lettere di Lia - Premessa
PREMESSA
Cercando tra vecchie carte, giorni fa ho trovato un pacco piuttosto voluminoso custodito in una scatola su cui era scritto: ‘Lettere di Lia’.
Ho aperto il pacco e ho cominciato a sfogliare pagine fitte di una scrittura minuta, angolosa. Ho letto una lettera, poi un’altra e un’altra ancora, infine le ho rilette tutte e, nel giro di qualche ora, ho rivissuto la travagliata storia di Lia.
La incontrai ad Agape, centro ecumenico valdese, durante un campo teologico, molte estati fa. Era una donna sui trentacinque anni, piccola, miope, timidissima; corti capelli scuri, un po’ mossi davano risalto al pallore del suo volto; indossava larghi calzoni scuri e maglie abbondanti sulle spalle magre; si muoveva in silenzio, a passetti veloci come per passare inosservata.
Lia insegnava Lettere in una scuola media e si interessava di teologia.
Nei primi giorni avevo notato che neanche la giovanile socialità degli “agapini” era riuscita a vincere la sua ritrosia e lei se ne stava per lo più appartata.
Durante la rituale presentazione nel gruppo di discussione, aveva detto di sé poche cose con una voce un po’ rauca e lo sguardo teso dei timidi.
Lia dormiva, insieme con un’altra donna, nella mia stessa camera e una volta, di notte, l’avevo sentita piangere.
Avevo anche notato che i suoi occhi, piccoli e vivi dietro le lenti spesse, si illuminavano di meravigliata gratitudine se la invitavo a fare una breve passeggiata nei dintorni.
Fu proprio mentre camminavamo verso Indritti, il villaggio che sovrasta le casette di Agape, che Lia improvvisamente una sera, mi confessò il suo segreto: si era perdutamente innamorata di un prete cattolico.
Ella viveva questo sentimento con angoscia e senso di colpa: pur definendosi cattolica del dissenso, era credente e praticante.
Spesso, da quella sera in poi, ce ne andammo lungo il fiume Germanasca e Lia, con grande emozione, mi parlò dei suoi sentimenti e dei suoi problemi.
Poi la settimana del campo finì, ci salutammo con molto affetto e partimmo ognuna per il proprio paese con in tasca la lista degli indirizzi dei partecipanti al campo.
Qualche giorno dopo il mio ritorno, arrivò la prima lettera di Lia; io le risposi immediatamente con un gran desiderio di dirle tutta la mia amicizia. Cominciò così un lungo e ricco carteggio che si interruppe un brutto giorno quando un colpo di sonno – pare – mandò fuori strada l’utilitaria che riportava Lia a casa dal lavoro; la mia amica morì all’istante con i campiti da correggere sparsi intorno.
Sono passati molti anni e io continuo a domandarmi con angoscia se fu davvero un colpo di sonno a troncare la sua esistenza. Mi chiedo se non fu piuttosto la sua incapacità di uscire dal “labirinto” di cui parla nell’ultima lettera a spingerla fuori strada. Comunque sia andata, ora non mi ritengo più vincolata a conservare il suo segreto. Penso che la sofferenza di Lia debba essere conosciuta, perciò riporterò alcune delle sue lettere, le più significative, come testimonianza di una vicenda umana che io ritengo per molti versi emblematica. Attraverso queste pagine si potranno cogliere i sentimenti, le idee, le esperienze di una donna non più giovanissima, travolta forse da una passione troppo grande per lei, da una situazione che non è riuscita a sopportare.
Casi di questo genere a tutt’oggi – sento dire – sono piuttosto frequenti. Ma, anche se le mutate condizioni della società rendono meno scandalose e quindi meno drammatiche tali vicende, temo che la rigidità delle norme vigenti riguardo al celibato dei preti cattolici continui a generare ingiustizia, sofferenza, ipocrisia, quando non anche… suicidi.
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Qualche giorno dopo il mio ritorno, arrivò la prima lettera di Lia; io le risposi immediatamente con un gran desiderio di dirle tutta la mia amicizia. Cominciò così un lungo e ricco carteggio che si interruppe un brutto giorno quando un colpo di sonno – pare – mandò fuori strada l’utilitaria che riportava Lia a casa dal lavoro; la mia amica morì all’istante con i campiti da correggere sparsi intorno.
Sono passati molti anni e io continuo a domandarmi con angoscia se fu davvero un colpo di sonno a troncare la sua esistenza. Mi chiedo se non fu piuttosto la sua incapacità di uscire dal “labirinto” di cui parla nell’ultima lettera a spingerla fuori strada. Comunque sia andata, ora non mi ritengo più vincolata a conservare il suo segreto. Penso che la sofferenza di Lia debba essere conosciuta, perciò riporterò alcune delle sue lettere, le più significative, come testimonianza di una vicenda umana che io ritengo per molti versi emblematica. Attraverso queste pagine si potranno cogliere i sentimenti, le idee, le esperienze di una donna non più giovanissima, travolta forse da una passione troppo grande per lei, da una situazione che non è riuscita a sopportare.
Casi di questo genere a tutt’oggi – sento dire – sono piuttosto frequenti. Ma, anche se le mutate condizioni della società rendono meno scandalose e quindi meno drammatiche tali vicende, temo che la rigidità delle norme vigenti riguardo al celibato dei preti cattolici continui a generare ingiustizia, sofferenza, ipocrisia, quando non anche… suicidi.
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