Viaggio a Parigi dal 14 al 22 settembre 1968
Partiamo sabato 14 settembre per Firenze, dove Gloria, Olga ed io ci incontriamo con gli organizzatori del viaggio, cioè i membri del circolo culturale “La Meridiana”, via della Fortezza, 6; prendiamo gli accordi di rito e ce ne andiamo a cena in un self-service davanti alla stazione.
Alle 19,30 saliamo sul treno dove ci vengono promesse le cuccette appena arriveremo a Bologna; nel nostro scompartimento ci sono due giovani sposi, i coniugi Chiesi.
A Milano salgono quattro signori di cui uno assai caratteristico: alto, atticciato, il viso incorniciato da una fitta barba nera, baffi ltrettanto scuri, ha una voce stentorea e parla molto; saprò poi che è Ettore De Giorgis, un simpatico giornalista; poi c’è un tipo robusto, dalla fisionomia un po’ inglese, ha l’aria scontenta e tace, c’è un giovane mingherlino, biondo con piccoli occhi celesti nel viso un po’ irregolare; si muove a scatti come un grillo e spesso guarda fuori dal finestrino; più tardi scoprirò la sua incredibile carica di umanità e di intelligenza, è Bruno Rolando.
Si dormicchia, si parla un po’, si va a fare due passi nel corridoio; Gloria ed io, prudentemente coperte dal rumore del treno, cantiamo a squarciagola ”Chiesa chiesa” di Giovanna Marini, una ballata molto critica nei riguardi della Chiesa Cattolica.
Domenica 15 settembre ore 10,40
Arriviamo a Parigi e ci dirigiamo al Centre inernational du sejour in rue Ravel, un ostello della gioventù; ci vengono distribuite le chiavi e possiamo finalmente rinfrescarci un po’.
Scendo per il pranzo nel self-service in cui mangeremo per tutto il tempo del soggiorno.
Verso le 14,30 si esce per un giro turistico in città; il pullman che ci ospita è grande e moderno, a due piani; saliamo sul secondo e i bei palazzi, le grandi strade, cominciano a sfilare davanti a noi.
C’è molta gente per le vie e parecchie persone sono di colore: neri, gialli, mulatti; splendide costruzioni scorrono, intanto, davanti a noi: le Tuileries, il Louvre, Notre-Dame. Nella foto la sua imponente guglia e la vista sulla Senna.
Mi colpisce la grandiosità dei boulevards e la dolcezza della Senna.
Ritorno, cena, poi trottata a piedi fino al mètro e scarrozzata fino a Montmartre, alla Chiesa del Sacre Coeur dove ascoltiamo la messa delle 22,00.
Dopo la messa, facciamo un giretto per Montmartre. Notevole il colpo d’occhio che si gode dal sagrato della chiesa, la città illuminata, la Ville-Lumière si stende in basso a perdita d’occhio.
Si cammina per strade strette, tra taverne rustiche e casette di abitazione a un piano; il selciato è sconnesso e faticosissimo; si incontrano molti capelloni e clochards assai pittoreschi con i loro pastrani di pelle e le chitarre; assistiamo anche ad un happening molto modesto ma assai applaudito.
Qualcuno canta accompagnandosi con la chitarra, qualche altro dipinge su cavalletti male in arnese, qualche altro ancora, vende caratteristici gattini fatti con fili di piombo, rivestiti di lana disposti su bancarelle o per terra, tra varie candele accese.
Andiamo a bere in un piccolo bar che si affaccia su di una piazzetta e discendiamo di nuovo verso il mètro.
Lunedì 16 settembre
Dopo la solita colazione a base di caffè e latte, burro e marmellata, ci dirigiamo verso la redazione della rivista “Terre Entière” dove ascoltiamo una conferenza del direttore monsieur Robert De Montvalon, un bell’uomo sulla quarantina dallo sguardo magnetico e azzurrissimo. In un francese chiaro e scorrevole, egli parla dei problemi del terzo mondo affermando che gli Occidentali non possono disinteressarsi di questi problemi perché essi li toccano da vicino.
Qualcuno fa domande cui De Montvalon risponde con precisione.
Dopo, mi metto a conversare con i coniugi Chiesi che mi invitano ad andare con loro a vedere gli impressionisti a Jeu de Paume.
Mètro, camminata ed ecco davanti a noi Degas, Monet, Cèzanne, Seurat,Manet, Corot e tutti gli altri splendidi artisti.
Passeggiamo in centro e ci fermiamo a guardare i libri in una libreria inglese; dopo cena il gruppo si riunisce per discutere sulle affermazioni del direttore di Terre Entière, Gloria ed io notiamo le persone che ci sembrano più intelligenti e preparate.
Martedi 17 settembre
Gloria ed io ci dirigiamo verso l’ Arco di Trionfo e ce ne andiamo alla svagata per Boulevard des Champs Elisèes godendoci la bella mattinata; sfortunatamente il martedì i musei sono chiusi ed anche l’ascensore della Tour Eiffel è fermo, così ce ne andiamo ai giardini dopo aver sorbito un caffè (carissimo) in un piccolo bar.
Grandi ippocastani ombreggiano prati verdissimi e curatissimi; una bella fontana getta spruzzi di acqua luminosa nel sole.; ci fermiamo a parlare di questioni assai profonde come i problemi suscitati dall’enciclica “Humanae Vitae” pubblicata di recente da Papa Paolo VI sulla sessualità.
Nel pomeriggio è previsto un incontro con père Blanquart, domenicano, in rue de Jacob; il padre è vestito come un operaio, indossa una camicia blu senza cravatta, sotto un completo grigio; niente denota la sua appartenenza ad un ordine religioso; è abbastanza giovane, sui 35 anni ed ha uno sguardo un po’ allucinato, sorride cameratesco, giovanilmente spettinato; la sua faccia larga e colorita, la corporatura robusta lo farebbero ritenere più un buon contadino che un monaco; parla con semplicità e arguzia.
Stupisco: è la prima volta che mi capita di sentire un domenicano che si definisce apertamente marxista; è stato a Cuba ed ostenta una grande ammirazione per Fidel Castro; sostiene la perfetta compatibilità tra fede cristiana e metodo marxista di azione sociale.
Secondo lui la fede del cristiano interviene quando si tratta di dare un volto umano al marxismo, come completamento umanistico di una dottrina sociale; ne sono entusiasta; non tutti la pensano come me, ma la vivacità del frate ha conquistato l’uditorio e, guidati a gran voce da Ettore, grande amico del père, ci dirigiamo a marce forzate, verso un irraggiungibile ristorante cinese dove ci si promettono le pietanze più strane.
Assaggiamo anche noi alcune pietanze cinesi dai sapori… diciamo… insoliti… e ripartiamo di gran carriera verso la libreria “Maspero” specializzata in pubblicazioni di estrema sinistra; vi toviamo effettivamente molti testi ispirati alle ideologie cinesi, cubane e orientali.
Mercoledì 18 settembre
Dopo colazione Gloria ed io partiamo per andare a sentire il direttore della rivista “Lettre”; questo direttore è un uomo un po’ anziano, asciutto, con un’espressione amara sul volto; parla con la solita chiarezza e brevità tipicamente francesi e racconta qualche episodio dove si dimostra l’intolleranza della Curia romana di fronte a certe posizioni avanzate che la sua rivista aveva sostenuto tempo fa.
Per ben tre volte dovettero rinnovarsi cambiando titolo; ci vengono distribuite copie della “Lettre” e volumi del famoso catechismo olandese introvabile in Italia; l’intervista è stata assai interessante e usciamo discutendo animatamente.
Dopo cena ha luogo la consueta discussione di gruppo e io mi scaglio contro i “conservatori” i quali a parer mio, non vogliono capire che, come dice Bernanos “l’Evangile est toujour jeune” e noi siamo vecchi.
Giovedì 19 settembre
Mattina: parto con Ettore de Giorgis, Maria Bracco e Piera Chiesi appartenenti al nostro gruppo, alla volta della redazione di “Informationes Catholiques Internationals”; ci riceve un signore assai “charmant”, alto, biondo, atletico, dallo sguardo azzurro; ci illustra la posizione della sua rivista ed io scappo fuori con una delle mie sortite meno felici, dico cioè che quel suo atteggiamento moderato mi sembra un “compromis”; il conferenziere mi risponde che se ci si vuole barcamenare, bisogna scendere a patti, ”…siamo di carne ecc. ecc.” io replico che questo atteggiamento rischia di non orientare nel senso giusto quelli che guardano dal basso e lui, pazientemente mi dà ragione; dopo un’interminabile domanda di Ettore ed un’altrettanto interminabile risposta, io mi complimento con il direttore di I.C.I. e gli comunico che il centro culturale a cui aderisco, è abbonato alla sua interessante rivista; il bel signore mi risponde con un’elegante battuta: dice che questo gli fa piacere perché di solito le lettere degli abbonati sono di tutt’altro tono; abbiamo perso il pranzo e per di più siamo senza franchi, ma troviamo una banca, cambiamo e ci sediamo in un piccolo ristorante.
Tornati a casa, Olga, Gloria ed io usciamo per compere; ci fermiamo ai Grandi Magazzini la Fayette e poi andiamo a curiosare nelle librerie di S. Sulpice.
Cena e poi galoppata fino a Boulevard de Clichy ossia a Pigalle; la strada è molto affollata e rigurgita di locali dove si fanno streap-tease e si proiettano film cochons; foto pornografiche ostentano particolari anatomici e nudi femminili in tutte le pose; la gente non sembra farci molto caso.
Venerdì 20 settembre
La mattinata è libera ed io non so cosa fare; Gloria è uscita con Olga; Bruno è andato alla mostra di arte moderna; vorrei avvicinare i coniugi Quaregna ed eccoli qua gentili e sorridenti che mi invitano a visitare con loro la Sorbonne; non me lo faccio dire due volte e andiamo a visitare l’antica università; i miei amici mi raccontano la loro esperienza comunitaria: hanno messo in comune tutti i loro averi e vivono a Torino con i loro amici, una specie di comunismo cristiano molto ineteressante.
La Sorbonne ha l’aspetto di un ristorante; all’interno i corridoi sono stretti e bassi di soffitto; il cortile della Sapienza, piuttosto ristretto e non certo bello come quello di Pisa, è cosparso di cartacce; studenti di ambo i sessi vi si muovono tranquillamente; alcuni vendono giornali su di una improvvisata bancarella, ne compro un esemplare per ogni tipo: abbondano di vignette antigaulliste.
In un’aula piuttosto affollata, si stanno formando dei gruppi; c’è un tizio che parla in un megafono ed altri che scrivono su di una lavagna.
Dopo aver osservato un po’ la scena, usciamo e andiamo a curiosare in tutte le librerie del quartiere; ci fermiamo al Pantheon e, pagato il biglietto di entrata, ci mettiamo ad osservare l’ interno: è il trionfo della retorica patriottarda associata ad un cattolicesimo di tipo costantiniano: brutti affreschi alle pareti narrano la storia di S. Genoveffa protettrice di Parigi; altri affreschi riproducono la Pulsella di Orlèans in pose alquanto convenzionali; stessa sorte è toccata alle storie di Luigi IX il re santo.
Ce ne torniamo a casa attraverso il meraviglioso Parco delle Tuileries.
Il nostro pomeriggio è davvero impegnativo: ore 13,30 intervista al père Danièlou; ore 15 incontro con il segretario del bureau de jeunesse; ore 17 intervista al père Jean Marie Domenache; ore 21 incontro con uno studente di Nanterre.
Il père Danielou pranza con noi e subito è circondato dai più interessati: io sono in prima fila…
Il père si dichiara assai ottimista riguardo all’interesse suscitato dai corsi di teologia vista la numerosa partecipazione dei laici; il nostro capogruppo, Romanello Cantini gli pone alcune domande circa la sua posizione tra innovatori e conservatori; il vecchietto (sulla sessantina) che sembra il mago delle fiabe così segaligno, occhialuto e zannuto com’è, risponde con vivacità dichiarando che è d’accordo con chi vuole attuare riforme moderate; condanna perentoriamente gli innovatori più spinti come Cardonnel per il quale ha parole assai dure; giustifica la posizione del Papa e sostiene l’impossibilità di conciliare comunismo e fede cristiana; io gli domando se comunque ritiene possibile un certo rapporto, se non con il comunismo istituzionalizzato, almeno con un metodo di azione sociale di tipo marxista; lui mi risponde, con un sorrisetto stereotipato, che il Cristianesimo privato della sua dimensione verticale, si ridurrebbe ad un semplice tipo di socialismo; insiste sulla necessità di salvaguardare il Patrimonium Fidei del Cristianesimo ed io replico domandando se non crede che, così facendo, non si corra il rischio di perdere il treno, cioè di non aver più nulla da dire al mondo moderno; il père ripete i concetti già espressi ed io lo guardo con l’aria poco convinta. Ettore esce rumorosamente dalla sala evidentemente scocciato.
Ore 14,30 partenza per il bureau de la jeunesse dove avremo un incontro ufficiale con un rappresentante del governo; ci sediamo in una sala stretta e lunga; a capo tavola c’è un anziano signore dal sorriso perpetuo e l’atteggiamento paternalistico del burocrate in fase distensiva ad alcune precise domande sulla situazione studentesca e i fatti di maggio (la barricade), non risponde e intavola invece un lungo discorso sulle attività del bureau preceduto da un “benvenuto” che stimola le qualità satiriche di Bruno il quale mi passa un foglietto dove ha scritto: ”al mio paese i tipi di questo genere si chiamano trapanati” (trapanare=lavare il cervello); un grosso ragazzo napoletano, Tortorelli de “Il Tetto” aggiunge che a casa sua il tizio sarebbe un Ciucciuvettole (richiamo per civette).
All’uscita i Milanesi continueranno la piccola digressione filologica aggiungendo al medesimo proposito, il termine ”pistola” che definiscono intraducibile; intanto il vecchietto ci affoga in un mare di statistiche e ci carica di pesantissime riviste in carta patinata di gran lusso, zeppe di foto.
Ce ne andiamo di corsa a sentire Domenache; il famoso padre domenicano indossa un elegante completo marrone e porta la cravatta; riesco a vederlo solo per un istante perché la saletta in cui parla è incredibilmente affollata.
Io non seguo molto perché sono stanca e non ho sufficienti cognizioni in campo politico, però noto che il père sta lodando la politica estera di De Gaulle e propone una vaga Europa intera compresi i Paesi dell’Est.
Ho dimenticato di annotare che, di ritorno dall’incontro con il direttore della “Lettre” ho intavolato un lunga discussione con Tortorelli, direttore della rivista “Il Tetto” di Napoli.
A parte varie considerazioni, mi ha colpito una notizia: lui conosce don Bedeschi il quale gli ha mostrato (mi sembra assai strano…) certi documenti della Curia romana che non ha potuto pubblicare per espresso divieto della gerarchia: si tratterebbe niente meno che degli atti del processo di beatificazione del Papa Pio X in cui il cosiddetto “avvocato del diavolo” accuserebbe Papa Sarto di non aver saputo cogliere i fermenti di rinnovamento del suo tempo e cioè il modernismo.
Dopo cena incontriamo lo studente di Nanterre; il giovane Bernard è abbastanza simpatico; espone la situazione degli studenti divisi in varie tendenze: ci sono infatti i trotschisti, i maoisti, gli anarchici, i marxisti e i marcusiani; il giovane mostra grande interesse per il nostro Luigi Bobbio e gran considerazione per Longo; disprezza invece Valdeck-Rochat.
Sabato 21 settembre
Guidati da Ettore, Anna, Bruno ed io ci dirigiamo alla volta della redazione della rivista “Esprit” per incontrare madame Paulette Mounier, vedova di Emanuel; è una signora di classe sulla sessantina, con capelli grigi cortissimi e sorriso giovanili; ci accoglie con molta cortesia e risponde con semplicità alle interminabili domande di Ettore; ella ci illustra la situazione che venne a crearsi alla morte di suo marito, il filosofo; ci parla della collaborazione tra Mounier e Domenache; ci illumina circa la posizione degli “Amis de Mounier” che controllano la pubblicazione delle opere del pensatore.
A detta di madame, in Italia è stato pubblicato poco e male; poi la signora ci dice che a maggio uno studente è venuto da lei a chiedere una frase di Mounier da riprodurre su di un cartellone contestatario, così lei ha potuto notare quanto interessi ancora i giovani il pensiero di suo marito.
Bruno domanda qualcosa circa la fortuna di Mounier presso i gruppi spontanei e la signora risponde, visibilmente compiaciuta, con ampiezza di particolari.
Io chiedo indicazioni utili per conoscere la pedagogia di Mounier e mi viene consigliato il “Traitè sur le caractère”; lo comprerò.
Domenica 22 settembre
Ormai il nostro soggiorno parigino è finito; si torna a casa con un apprezzabile bagaglio di esperienze.
Sul treno, in cuccetta, ripenso agli incontri, alle discussioni e mi riprometto, appena possibile, di annotare tutto in uno scritto per non dimenticare nulla di questi giorni.